L’inconscio nell’uomo supermoderno
Articolo scritto dal dott. Stefano Mengarelli
Sigmund Freud in un noto passaggio di “Psicologia delle masse e analisi dell’Io” afferma : “ Nella vita psichica del singolo, l’altro è regolarmente presente come modello, come soccorritore, come nemico e pertanto … la psicologia individuale è al tempo stesso, fin dall’inizio psicologia sociale”[1].
La società riveste quindi un ruolo fondamentale per la psiche dell’uomo, incide in modo decisivo sulle sue abitudini, sui modi di vivere e ne condiziona le sue psicopatologie.
Tutto si trasforma ed è in continuo cambiamento, e l’inconscio? Come ricorda Recalcati, l’inconscio “non è un’essenza sovrastorica immune da trasformazioni sociali”[2], quindi appare lecito chiedersi a quali trasformazioni andrà incontro l’inconscio dell’uomo di oggi e di domani.
L’imperativo capitalista al consumo smisurato, all’edonismo senza freni, al godimento illimitato nel consumo dell’oggetto, fanno pensare ad una società che sta perdendo di vista il senso del limite. È un disegno consumistico che tende all’illimitato, all’assenza di frustrazioni e a rispettare le leggi di un unico padrone: il piacere.
Ma si può veramente parlare di piacere in assenza di un limite? Un limite traccia anche un confine tra ciò che si può e quello che non si può, tra ciò che piace e quello che non piace,e a questo punto ci possiamo chiedere: in una società dove tutto è piacere, godimento immediato e smisurato, che fine ha fatto il dispiacere? Dove lo abbiamo nascosto? E soprattutto, se tutto tende al piacere, che fine fa il desiderio? Avremo ancora bisogno di desiderare qualcosa? L’inconscio come sappiamo è il “luogo” del desiderio e alla luce delle domande che ci siamo posti non ne rimane che una : che fine farà l’inconscio?
Queste sono domande aperte a cui solo il tempo potrà rispondere, per ora possiamo solo osservare come si evolvono certi fenomeni e certe abitudini dell’uomo inserito in questo mondo ipertecnologico e vedere a quali trasformazioni andrà incontro.
Ad esempio, ricordo che da ragazzo c’erano le musicassette di questo o di quel cantante o gruppo musicale e generalmente le canzoni presenti variavano da 10 a 14 al massimo, divise in 2 parti uguali generando gli storici lato A e lato B. Ovviamente non tutte le canzoni erano di nostro gradimento e quando arrivava quella che non ci piaceva era automatico premere il dito sul tasto Avanti del nostro Walkman… la facevamo scorrere velocemente per poi passare alla più gradita canzone successiva e così via per le altre; in quelle musicassette, c’erano canzoni “belle” e canzoni “brutte” e tutte coesistevano nello stesso spazio, nella stessa radio; era quindi una sorta di allenamento continuo alla “tolleranza”, al fatto che non tutto fosse piacevole.
Oggi è diverso, ci sono gli Ipod, gli mp3/4/5/infinito, dove all’interno di essi abbiamo la possibilità di inserire solo ciò che vogliamo, tutte le canzoni che più ci piacciono ed organizzarle in playlist per ogni evenienza : il gruppo di canzoni da ascoltare per le passeggiate, il gruppo di canzoni stimolanti per le attività di fitness, ecc. Nel nostro Ipod non abbiamo più canzoni che non ci piacciono, e anche se così fosse … basta un click, per eliminarle per sempre. Non c’è “tolleranza”, non c’è “sopportazione”. E poi non ci sono più 10/14 canzoni, ma 1000, 5000, infinite canzoni, ed è come dire : “io voglio solo quello che mi piace, e lo voglio ora, immediatamente, ma non un po’ … io lo voglio tutto!”.
Una profonda trasformazione, o meglio una vera e propria rivoluzione culturale e sociale la possiamo senza dubbio trovare in Internet. Il riferimento di ogni sapere dell’uomo supermoderno è la rete digitale; tutti abbiamo ed avremo a disposizione Internet e ce lo porteremo appresso come un’appendice corporea, come un prolungamento del nostro stesso corpo.
Ognuno può cliccare e sapere, e ormai i motori di ricerca permettono in tempo reale di avere la risposta a qualsiasi domanda o a qualsiasi dubbio e di farlo nell’immediatezza.
Le biblioteche sono vecchi ricordi, troppo tempo perso e troppa fatica; per aspettare un libro ordinato può passare anche qualche ora o giorno addirittura e poi il regolamento delle biblioteche prevede che non si possano consultare più di un certo numero di libri alla volta.
Intenet ha risolto ogni problema, perché lì c’è tutto, non pochi libri ma tutti i libri, non qualche ora o giorno di attesa ma qualche secondo al massimo. All’uomo supermoderno è vietato attendere, ed ogni bisogno deve essere soddisfatto nell’immediato.
Sembrerebbe proprio che nell’era di Internet non serva molto l’utilizzo del cervello, il sapere è digitale e ciò significa letteralmente che dipenderà dalle dita e dai polpastrelli che cliccano.
Tutto è a misura di click. Con una cliccata si soddisfa ogni desiderio, tutto può essere aperto o chiuso per sempre; è come una chiave magica che apre tutte le porte con il vantaggio che ce l’abbiamo in dotazione dalla nascita: il nostro indice, a cui , grazie ai supermoderni touch screen è stata tolta anche la fatica di fare pressione per digitare.
Stesso discorso per i cellulari, protagonisti indiscussi della nuova era comunicativa dell’uomo supermoderno; su un comune smartphone c’è tutto, tutta la musica che si vuole sentire, tutti i film che si vogliono vedere e tutti i giochi che ci aiutano a sopportare la noia di una qualsiasi attesa.
È come un immenso seno pieno di latte, sempre lì pronto a soddisfare ogni desiderio del poppante supermoderno, di una madre infinitamente buona, una madre che in bontà e generosità scavalca di gran lunga la mamma sufficientemente buona descritta dallo psicoanalista inglese D.Winnicott[3] .
In questa madre dell’uomo supermoderno non c’è traccia di frustrazione, tutto è permesso, tutto è dovuto, e il godimento assume la forma di un imperativo sociale che rifiuta ogni tipo di castrazione: bisogna godere! Il piacere diventa così la Legge dei nostri tempi.
Il personaggio che contiene in se le radici di queste riflessioni e a cui possiamo far riferimento per capire meglio in che modo sta cambiando la nostra società è sicuramente Silvio Berlusconi.
Berlusconi fa epoca non tanto per l’azione di governo che ha caratterizzato la sua missione politica, ma per come la sua persona abbia definitivamente scolpito nelle tavole della nostra “Legge” morale e sociale, il “dictat” del godimento ad ogni costo. Non solo i suoi cosiddetti comportamenti privati, ma in modo assai più emblematico, la sua stessa azione legislativa ( le leggi ad personam), svelano come il massimo rappresentante della vita dello Stato “miri alla realizzazione del proprio godimento situato non come capriccio estemporaneo, ma come di diritto inscritto nella funzione istituzionale che egli ricopre”[4].
Non c’è vergogna, senso di colpa, senso del limite, perché la Legge supermoderna coincide proprio con il piacere, con il godimento, in nome del quale tutto è permesso.
Freud ha parlato di conflitto tra istinti e Super-Io, tra desiderio e dovere, una lotta che finisce con il compromesso dell’Io e la nascita del sintomo; nell’Io dell’uomo freudiano non tutto era permesso, e il Super-Io nato dall’Edipo esigeva la rinuncia pulsionale come condizione di accesso alla Civiltà.
Ma nell’uomo supermoderno stiamo assistendo ad una profonda trasformazione, il Super-Io ha perso la sua autorevolezza e l’Io sta cedendo alle richieste di soddisfazione pulsionale dell’ES; il sacrificio pulsionale viene negato nel nome di una falsa liberazione della pulsione che si svincola da ogni forma di sublimazione promettendo un godimento immediato, senza più limiti.
La facilitazione dell’accesso al godimento, la via libera concessa alla scarica pulsionale, una sessualità agita compulsivamente, scorporata dall’amore, non risulta affatto liberatorio ma altamente repressivo poiché spegne il movimento del desiderio.
In un mondo totalmente pulsionale, l’uomo supermoderno appare quindi un uomo che non ha più necessità di desiderare, e il conflitto non è più tra la rimozione e il ritorno del desiderio inconscio proibito, inaccettabile, della visione della nevrosi freudiana; al contrario, si sta passando lentamente ad un funzionamento “psicotico” della società, in cui lo strapotere dell’ES non tiene affatto conto della realtà esterna, sempre più aderente e assecondante le richieste pulsionali di immediatezza e di soddisfazione illimitata del piacere.
Il problema non è più quindi quello di rimuovere i desideri inconsci ma trovare delle difese sempre più forti per evitare di sentire l’angoscia. E così, l’uomo supermoderno per non sentire l’angoscia è costretto ad agire rapidamente, a consumare tutto in breve tempo e compulsivamente, trovando terreno fertile nella logica moderna del consumismo.
Viviamo in un mondo diretto esclusivamente dal denaro e che ha come obiettivo la conquista del denaro, strumento che consente la soddisfazione del piacere.
Se per Freud la pulsione era soprattutto sessuale e libidica, ora invece è monetaria. Si sta tornando ad una vita primitiva, selvaggia, mascherata di modernità, dove la difesa più forte è il riconoscimento e l’ostentazione della propria forza che deve far paura per sottomettere, in nome di una pulsionalità dilagante.
Vittorino Andreoli sostiene che il modello che risponde meglio a questo criterio è dato dalle mafie, considerate da lui “il sistema più straordinario di conquista del potere su base esclusivamente pulsionale, senza tenere conto dei principi della società, del Super-Io e delle leggi. La mafia diventa il sistema perfetto perché ignora completamente lo Stato e semmai lo compera o, nel limite del possibile lo sottomette con la violenza, che è la forza di ogni pulsione, e anche della sessualità selvaggia, maschia, che vede la donna immobilizzata e dominata”[5].
La civiltà sta forse morendo, perché non deriva più dal sapere, dalla morale, dall’educazione e dalle buone maniere, tutto si riduce a pulsione : “ Io sono più forte di te e dunque ubbidisci a me”, “Io lo voglio e quindi me lo devo prendere”.
Il dominio della forza mostra vantaggi e procura ricchezze, e la ricchezza non si deve nascondere, sarebbe come celare il proprio potere; ecco la nuova difesa dall’angoscia, il potere.
Il potere o anche l’illusione che tutto è concesso, che tutto si può, che non si ha più bisogno di desiderare perché non esistono freni ai nostri desideri.
La speranza è che l’uomo non smetta mai di desiderare e di porsi delle domande, che ogni tanto sia invaso da qualche dubbio e che ritrovi la forza di saper attendere; solo in una realtà che ristabilisca dei limiti e reali prospettive di realizzazione, l’uomo potrà riappropriarsi di quella componente essenziale di apertura verso l’altro e di spinta motivazionale che è il desiderio.
[1] Freud S., ( 1921), “Psicologia delle masse e analisi dell’Io”, in OSF, Vol.9, Bollati Boringhieri, Torino, 1996, p.261.
[2] Recalcati M. (2010), L’uomo senza inconscio: figure della nuova clinica psicoanalitica. Raffaello Cortina Editore, Milano, p.IX.
[3]Winnicott D., (1970) Sviluppo affettivo e ambiente, Armando Editore, Roma. Winnicott definisce madre sufficientemente buona quella madre che, in maniera istintiva, possiede le capacità di accudire il bambino dosando opportunamente il livello della frustrazione che gli infligge.
[4] Recalcati M. (2010), op.cit., p.13.
[5] Andreoli V. (2011), Dialogo tra uno psichiatra e il suo paziente, Rizzoli Editore, Milano, p.192.